martedì 17 settembre 2024

Epicuro – Epistola a Meneceo, 127-128 – testo e traduzione

 

Statua di Epicuro
  [127] εἰ μὲν γὰρ πεποιθὼς τοῦτό φησιν, πῶς οὐκ ἀπέρχεται ἐκ τοῦ ζῆν; ἐν ἑτοίμῳ γὰρ αὐτῷ τοῦτ' ἐστίν, εἴπερ ἦν βεβουλευμένον αὐτῷ βεβαίως· εἰ δὲ μωκώμενος, μάταιος ἐν τοῖς οὐκ ἐπιδεχομένοις. «127. Se infatti dice questo convinto, perché non se ne va dalla vita? Infatti ciò è a portata di mano per lui, se egli ha deciso senza esitazioni; se invece si beffava, è stolto in cose che non lo ammettono».

  Μνημονευτέον δὲ ὡς τὸ μέλλον οὔτε πάντως ἡμέτερον οὔτε πάντως οὐχ ἡμέτερον, ἵνα μήτε πάντως προσμένωμεν ὡς ἐσόμενον μήτε ἀπελπίζωμεν ὡς πάντως οὐκ ἐσόμενον. «Bisogna ricordare che il futuro non è né del tutto nostro né del tutto non nostro, affinché né lo aspettiamo come cosa che sarà del tutto né disperiamo che non sarà affatto».

  Ἀναλογιστέον δὲ ὡς τῶν ἐπιθυμιῶν αἱ μέν εἰσι φυσικαί, αἱ δὲ κεναί, καὶ τῶν φυσικῶν αἱ μὲν ἀναγκαῖαι, αἱ δὲ φυσικαὶ μόνον· τῶν δὲ ἀναγκαίων αἱ μὲν πρὸς εὐδαιμονίαν εἰσὶν ἀναγκαῖαι, αἱ δὲ πρὸς τὴν τοῦ σώματος ἀοχλησίαν, αἱ δὲ πρὸς αὐτὸ τὸ ζῆν. «Bisogna considerare poi che dei desideri alcuni sono naturali, altri vani, e che di quelli naturali alcuni sono necessari, altri solo naturali; di quelli necessari alcuni sono necessari per la felicità, altri per il benessere del corpo, altri ancora per la vita stessa».

  [128] τούτων γὰρ ἀπλανὴς θεωρία πᾶσαν αἵρεσιν καὶ φυγὴν ἐπανάγειν οἶδεν ἐπὶ τὴν τοῦ σώματος ὑγίειαν καὶ τὴν τῆς ψυχῆς ἀταραξίαν, ἐπεὶ τοῦτο τοῦ μακαρίως ζῆν ἐστι τέλος. τούτου γὰρ χάριν πάντα πράττομεν, ὅπως μήτε ἀλγῶμεν μήτε ταρβῶμεν. «128. Infatti una retta considerazione di questi sa ricondurre ogni scelta e rifiuto alla salute del corpo e alla tranquillità dell'anima, giacché questo è il fine del vivere beatamente. Infatti per questo facciamo tutte le cose, per non soffrire e per non essere turbati».

  ὅταν δὲ ἅπαξ τοῦτο περὶ ἡμᾶς γένηται, λύεται πᾶς ὁ τῆς ψυχῆς χειμών, οὐκ ἔχοντος τοῦ ζῴου βαδίζειν ὡς πρὸς ἐνδέον τι καὶ ζητεῖν ἕτερον ᾧ τὸ τῆς ψυχῆς καὶ τοῦ σώματος ἀγαθὸν συμπληρώσεται. τότε γὰρ ἡδονῆς χρείαν ἔχομεν, ὅταν ἐκ τοῦ μὴ παρεῖναι τὴν ἡδονὴν ἀλγῶμεν· ‹ὅταν δὲ μὴ ἀλγῶμεν› οὐκέτι τῆς ἡδονῆς δεόμεθα. «Una volta che abbiamo ciò, si dissolve ogni tempesta dell'anima, non dovendo l'essere vivente procedere come verso qualcosa di mancante né dovendone cercare un'altra con cui riempirà il bene dell'anima e del corpo. Allora infatti abbiamo bisogno del piacere, quando soffriamo per il fatto che il piacere non è presente; quando però non soffriamo, non abbiamo più bisogno del piacere».


 Continua...

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