domenica 29 settembre 2024

Euripide, Troiane – primo episodio, vv. 406-450

Χο.

ὡς ἡδέως κακοῖσιν οἰκείοις γελᾷς,

μέλπεις θ’ ἃ μέλπουσ’ οὐ σαφῆ δείξεις ἴσως.

CO.
Come ridi piacevolmente dei mali domestici,
e canti cose che, cantando, mostrerai forse non chiare.

Ταλτιβίος.

εἰ μή σ’ Ἀπόλλων ἐξεβάκχευεν φρένας,

οὔ τἂν ἀμισθὶ τοὺς ἐμοὺς στρατηλάτας

τοιαῖσδε φήμαις ἐξέπεμπες ἂν χθονός.                                410

TALTIBIO
Se Apollo non ti agitasse di furore bacchico la mente,
tu di certo non accompagneresti fuori da questa terra i miei
condottieri impunemente con tali presagi.

ἀτὰρ τὰ σεμνὰ καὶ δοκήμασιν σοφὰ

οὐδέν τι κρείσσω τῶν τὸ μηδὲν ἦν ἄρα.

Del resto la maestà e l’apparente sapere
non sono superiori in nulla a ciò che non era proprio niente.

ὁ γὰρ μέγιστος τῶν Πανελλήνων ἄναξ,

Ἀτρέως φίλος παῖς, τῆσδ’ ἔρωτ’ ἐξαίρετον

μαινάδος ὑπέστη· καὶ πένης μέν εἰμ’ ἐγώ,                        415

ἀτὰρ λέχος γε τῆσδ’ ἂν οὐκ ἐκτησάμην.

Infatti il più grande signore di tutti gli Elleni,
il caro figlio di Atreo, si sottomise all’amore scelto
di questa invasata; anche io sono povero, è vero,
però almeno il letto di costei non l’avrei acquistato.

καὶ σοὶ μέν—οὐ γὰρ ἀρτίας ἔχεις φρένας—

Ἀργεῖ’ ὀνείδη καὶ Φρυγῶν ἐπαινέσεις

ἀνέμοις φέρεσθαι παραδίδωμ’· ἕπου δέ μοι

πρὸς ναῦς, καλὸν νύμφευμα τῷ στρατηλάτῃ.                    420

Quanto a te – infatti non hai la mente a posto –
le offese agli Argivi e gli elogi dei Frigi
li consegno ai venti affinché se li portino via; seguimi
alle navi, bella sposina per il condottiero.

σὺ δ’, ἡνίκ’ ἄν σε Λαρτίου χρῄζῃ τόκος

ἄγειν, ἕπεσθαι· σώφρονος δ’ ἔσῃ λάτρις

γυναικός, ὥς φασ’ οἱ μολόντες Ἴλιον.

Tu19, invece, quando la prole di Laerte vorrà
condurti via, seguilo; sarai serva di una donna
equilibrata, a quanto dicono quelli che sono venuti a Ilio.

Κα.

ἦ δεινὸς ὁ λάτρις. τί ποτ’ ἔχουσι τοὔνομα

κήρυκες, ἓν ἀπέχθημα πάγκοινον βροτοῖς,                        425

οἱ περὶ τυράννους καὶ πόλεις ὑπηρέται;

CA.
Davvero tremendo il servo! Perché mai hanno il nome
di "araldi", unico odio comune a tutti i mortali, 425
questi servitori al seguito di tiranni e città?20

σὺ τὴν ἐμὴν φῂς μητέρ’ εἰς Ὀδυσσέως

ἥξειν μέλαθρα; ποῦ δ’ Ἀπόλλωνος λόγοι,

οἵ φασιν αὐτὴν εἰς ἔμ’ ἡρμηνευμένοι

αὐτοῦ θανεῖσθαι; . . . τἄλλα δ’ οὐκ ὀνειδιῶ.                        430

Tu dici che mi madre andrà alla dimora
di Ulisse? Dove sono le parole di Apollo,
le quali a me rivelate dicono che ella
sarebbe morta qui? … non rinfaccerò le altre cose.

δύστηνος, οὐκ οἶδ’ οἷά νιν μένει παθεῖν·

ὡς χρυσὸς αὐτῷ τἀμὰ καὶ Φρυγῶν κακὰ

δόξει ποτ’ εἶναι. δέκα γὰρ ἐκπλήσας ἔτη

πρὸς τοῖσιν ἐνθάδ’, ἵξεται μόνος πάτραν

Sciagurato, non sa quali sofferenze gli rimangono da patire;
come oro i mali miei e dei Frigi gli
sembreranno un giorno. Infatti dopo aver navigato per dieci anni
oltre a quelli passati qui, raggiungerà da solo la patria

. . . . . . . . . . .

οὗ δὴ στενὸν δίαυλον ᾤκισται πέτρας                                  435

δεινὴ Χάρυβδις, ὠμοβρώς τ’ ὀρειβάτης

Κύκλωψ, Λιγυστίς θ’ ἡ συῶν μορφώτρια

Κίρκη, θαλάσσης θ’ ἁλμυρᾶς ναυάγια,

λωτοῦ τ’ ἔρωτες, Ἡλίου θ’ ἁγναὶ βόες,

αἳ σάρκα φωνήεσσαν ἥσουσίν ποτε,                                      440

πικρὰν Ὀδυσσεῖ γῆρυν. ὡς δὲ συντέμω,

ζῶν εἶσ’ ἐς Ἅιδου κἀκφυγὼν λίμνης ὕδωρ

κάκ’ ἐν δόμοισι μυρί’ εὑρήσει μολών.

Dove la tremenda Cariddi abita lo stretto dalla doppia corrente
della roccia, e il crudivoro montano
Ciclope, e la Ligure Circe che trasforma
in maiali, e i naufragi del salso mare,
e le passioni del loto, le sacre vacche del Sole,
che manderanno un giorno carne parlante,
voce amara per Ulisse. Per farla breve,
vivente andrà nell’Ade e sfuggito all’acque della palude
anche in patria di ritorno troverà sciagure a migliaia.

ἀλλὰ γὰρ τί τοὺς Ὀδυσσέως ἐξακοντίζω πόνους;

στεῖχ’ ὅπως τάχιστ’· ἐς Ἅιδου νυμφίῳ γημώμεθα.              445

ἦ κακὸς κακῶς ταφήσῃ νυκτός, οὐκ ἐν ἡμέρᾳ.

Ma dunque perché prendo di mira le pene di Ulisse?
Avviati al più presto; maritiamoci con lo sposino nell’Ade.
Davvero turpe turpemente darai sepolto di notte, non di giorno.

ὦ δοκῶν σεμνόν τι πράσσειν, Δαναϊδῶν ἀρχηγέτα.

κἀμέ τοι νεκρὸν φάραγγες γυμνάδ’ ἐκβεβλημένην

ὕδατι χειμάρρῳ ῥέουσαι, νυμφίου πέλας τάφου,

θηρσὶ δώσουσιν δάσασθαι, τὴν Ἀπόλλωνος λάτριν.            450

Oh tu che ti credi di compiere qualcosa di mirabile, principe dei Danai.
E me, gettata via come nudo cadavere, le gole
in cui scorre acqua in piena, presso il sepolcro dello sposo,
daranno da sbranare alle fiere, me la servitrice di Apollo.

  19 Qui si rivolge a Ecuba, mentre prima stava parlando a Cassandra.

 20 Spesso nelle tragedie i messaggeri e gli araldi sono personaggi spregevoli, in quanto amplificano acriticamente la voce dei potenti come in Oreste, 895-897: τὸ γὰρ γένος τοιοῦτον· ἐπὶ τὸν εὐτυχῆ / πηδῶσ’ ἀεὶ κήρυκες· ὅδε δ’ αὐτοῖς φίλος, / ὃς ἂν δύνηται πόλεος ἔν τ’ ἀρχαῖσιν ᾖ, «giacché è una razza fatta così: dalla parte di chi ha successo / saltano sempre gli araldi; caro a loro è questo, / che abbia il potere della città e sia al comando». Anche in questa tragedia il bersaglio è Taltibio.

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