domenica 8 settembre 2024

Polibio, Il ciclo delle costituzioni e la costituzione mista - 3° parte

 

Capitolo 5

Da questo punto fino al capitolo 9 Polibio descrive nei particolari come avviene la successione delle costituzioni.

La prima forma di governo che l’umanità si dà è quella monarchica poiché ἀνάγκη τὸν τῇ σωματικῇ ῥώμῃ καὶ τῇ ψυχικῇ τόλμῃ διαφέροντα, τοῦτον ἡγεῖσθαι καὶ κρατεῖν, «è necessario che colui che si distingue per forza fisica e audacia di spirito comandi e abbia il potere (7), e τοῦτο χρὴ φύσεως ἔργον ἀληθινώτατον νομίζειν, «questo bisogna considerare il compito più autentico della natura» (8), come succede anche tra gli altri animali. Dunque ὅρος μέν ἐστι τῆς ἀρχῆς ἰσχύς, ὄνομα δ' ἂν εἴποι τις μοναρχίαν, «limite del potere è la forza, e si potrebbe dare il nome di monarchia» (9). Col tempo però subentrano comunanza di vita e abitudini e nasce il regno, grazie al quale per la prima volta compaiono le idee di del bello e del giusto e i loro contrari.

Capitolo 6

In questo capitolo si analizza come si formano queste idee. Il punto fondamentale è la gratitudine. ὁπότε τις τῶν ἐκτραφέντων εἰς ἡλικίαν ἱκόμενος μὴ νέμοι χάριν μηδ' ἀμύναι τούτοις οἷς ἐκτρέφοιτο, «quando uno di coloro che sono stati cresciuti, giunto all’età adulta, non riserva gratitudine e non dà protezione a questi da cui è stato cresciuto» (2), ecco che la cosa viene notata dagli altri che si dispiacciono e la riportano a se stessi giudicandola negativa perché in futuro potrebbe toccare anche a loro. In seguito a ciò ὑπογίνεταί τις ἔννοια παρ' ἑκάστῳ τῆς τοῦ καθήκοντος δυνάμεως καὶ θεωρίας· ὅπερ ἐστὶν ἀρχὴ καὶ τέλος δικαιοσύνης, «si insinua in ciascuno una certa idea della potenza e visione del dovere; da qui c’è il principio e il fine della giustizia» (7). Dunque si formano i concetti di bene e male e si tenderà ad imitare il bene, per la sua utilità, ed evitare il male.

Dunque βασιλεὺς ἐκ μονάρχου λανθάνει γενόμενος, ὅταν παρὰ τοῦ θυμοῦ καὶ τῆς ἰσχύος μεταλάβῃ τὴν ἡγεμονίαν ὁ λογισμός, «un re nasce senza accorgersene da un monarca, qualora al posto del coraggio e della forza prende il dominio il ragionamento1» (12).

 1 Anche secondo Sallustio (Cat., 2) la prima forma di governo che gli uomini si danno è quella monarchica: Igitur initio reges – nam in terris nomen imperi id primum fuit – divorsi pars ingenium, alii corpus exercebant: etiam tum vita hominum sine cupiditate agitabatur; sua cuique satis placebant. 2 Postea vero quam in Asia Cyrus, in Graecia Lacedaemonii et Athenienses coepere urbis atque nationes subigere, lubidinem dominandi causam belli habere, maxumam gloriam in maxumo imperio putare, tum demum periculo atque negotiis compertum est in bello plurumum ingenium posse. 3 Quod si regum atque imperatorum animi virtus in pace ita ut in bello valeret, aequabilius atque constantius sese res humanae haberent neque aliud alio ferri neque mutari ac misceri omnia cerneres. 4 Nam imperium facile iis artibus retinetur, quibus initio partum est, «Dunque all’inizio i re – giacché tale fu il primo nome del potere sulle terre – diversamente uno dall’altro esercitavano una parte l’ingegno, altri il corpo: inoltre allora la vita degli uomini si svolgeva senza brama; ciascuno si accontentava delle proprie cose. 2. Ma dopo che in Asia Ciro, in Grecia Lacedemoni e Ateniesi cominciarono a sottomettere città e popoli, a considerare il desiderio di dominare un motivo di guerra, a ritenere grandissima la gloria in un grandissimo potere, allora infine attraverso il pericolo e le difficoltà si scoprì che in guerra l’ingegno offre le maggiori possibilità di successo. 3. E se la virtù dell’animo di re e generali mantenesse la sua forza in pace così come in guerra, le vicende umane si svolgerebbero con più equilibrio e costanza e non vedresti passare il potere da uno ad un altro né che tutto muta e si confonde. 4 Infatti il potere si mantiene facilmente con quelle qualità dalle quali all’inizio è stato partorito».

 Diversamente la pensa Vico, secondo cui alle origini della civiltà la prima forma di governo è quella delle repubbliche aristocratiche e la monarchia giunge alla fine. Cfr. Scienza nuova, Spiegazione della dipintura: «dopo i governi aristocratici, che furono governi eroici, vennero i governi umani, di spezie prima popolari; ne' quali i popoli, perché avevano già finalmente inteso la natura ragionevole (ch'è la vera natura umana) esser uguale in tutti, da sì fatta ugualità naturale [] trassero gli eroi, tratto tratto, all'egualità civile nelle repubbliche popolari [] Ma finalmente, non potendo i popoli liberi mantenersi in civile egualità con le leggi per le fazioni de' potenti, e andando a perdersi con le guerre civili, avvenne naturalmente che, per esser salvi, con una legge regia naturale la qual si truova comune a tutti i popoli di tutti i tempi in tali Stati popolari corrotti [], con tal legge o più tosto costume naturale delle genti umane, vanno a ripararsi sotto le monarchie, ch'è l'altra spezie degli umani governi. Talché queste due forme ultime de' governi, che sono umani, nella presente umanità si scambiano vicendevolmente tra loro; ma niuna delle due passano per natura in istati aristocratici, ch'i soli nobili vi comandino e tutti gli altri vi ubbidiscano; onde son oggi rimaste al mondo tanto rade le repubbliche de' nobili: in Germania, Norimberga; in Dalmazia, Ragugia; in Italia, Vinegia, Genova e Lucca. Perché queste sono le tre spezie degli Stati che la divina provvedenza, con essi naturali costumi delle nazioni, ha fatto nascere al mondo, e con quest'ordine naturale succedono l'una all'altra; perché altre per provvedenza umana di queste tre mescolate, perché essa natura delle nazioni non le sopporta, da Tacito [] son diffinite che «sono più da lodarsi che da potersi mai conseguire, e, se per sorta ve n'hanno, non sono punto durevoli». Per la qual discoverta si dànno altri princìpi alla dottrina politica, non sol diversi ma affatto contrari a quelli che se ne sono immaginati finora».
Il riferimento a Tacito allude ad 
Annales, IV, 33: Nam cunctas nationes et urbes populus aut primores aut singuli regunt: delecta ex iis et consociata rei publicae forma laudari facilius quam evenire, vel si evenit, haud diuturna esse potest. «Infatti tutte le nazioni e le città le governano il popolo o i maggiorenti o degli individui singoli: quella forma di stato scelta tra queste e derivante da una loro alleanza è più facile che sia oggetto di lode piuttosto che di realizzazione, o se anche si realizza, non può essere duratura». Lo storiografo sta qui polemizzando con Polibio, come vedremo più avanti.

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