martedì 17 settembre 2024

Platone, «MITO DELLA CAVERNA» – 8° parte – conclusione

517c-e

συνοίομαι, ἔφη, καὶ ἐγώ, ὅν γε δὴ τρόπον δύναμαι. «La penso come te anche io», disse, «almeno nel modo in cui ne sono capace».

 ἴθι τοίνυν, ἦν δ᾽ ἐγώ, καὶ τόδε συνοιήθητι καὶ μὴ θαυμάσῃς ὅτι οἱ ἐνταῦθα ἐλθόντες οὐκ ἐθέλουσιν τὰ τῶν ἀνθρώπων πράττειν, ἀλλ᾽ ἄνω ἀεὶ ἐπείγονται αὐτῶν αἱ ψυχαὶ διατρίβειν: [d] εἰκὸς γάρ που οὕτως, εἴπερ αὖ κατὰ τὴν προειρημένην εἰκόνα τοῦτ᾽ ἔχει. «Su dunque», dissi io, «concorda anche su questo e non meravigliarti del fatto che coloro che sono arrivati a questo punto non vogliono attendere alle faccende degli uomini, ma le loro anime aspirano sempre a trascorrere il tempo lassù: [d] infatti è verosimile che sia  in qualche modo così, se appunto la questione sta secondo la summenzionata immagine».

  εἰκὸς μέντοι, ἔφη. «È certamente verosimile», disse.

 Τί δέ; τόδε οἴει τι θαυμαστόν, εἰ ἀπὸ θείων, ἦν δ' ἐγώ, θεωριῶν ἐπὶ τὰ ἀνθρώπειά τις ἐλθὼν κακὰ ἀσχημονεῖ τε καὶ φαίνεται σφόδρα γελοῖος ἔτι ἀμβλυώττων καὶ πρὶν ἱκανῶς συνήθης γενέσθαι τῷ παρόντι σκότῳ ἀναγκαζόμενος ἐν δικαστηρίοις ἢ ἄλλοθί που ἀγωνίζεσθαι περὶ τῶν τοῦ δικαίου σκιῶν ἢ ἀγαλμάτων ὧν αἱ σκιαί, καὶ διαμιλλᾶσθαι [e] περὶ τούτου, ὅπῃ ποτὲ ὑπολαμβάνεται ταῦτα ὑπὸ τῶν αὐτὴν δικαιοσύνην μὴ πώποτε ἰδόντων; «E che? Pensi che questo sia qualcosa di cui meravigliarsi, se», dissi io, «uno giunto da contemplazioni divine ai mali umani fa una brutta figura e appare molto ridicolo, quando, avendo la vista ancora debole e prima di essersi sufficientemente assuefatto alle presenti tenebre, viene costretto a combattere nei tribunali o da qualche altra parte sulle ombre del giusto o sulle statue di cui ci sono le ombre, e a competere su questo, cioè su come queste cose vengono concepite da coloro che non hanno mai visto la giustizia in sé?».

 Οὐδ’ ὁπωστιοῦν θαυμαστόν, ἔφη. «Non c’è proprio motivo di meravigliarsi».


 Il percorso completo si trova nella sezione «Pagine».








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