mercoledì 11 settembre 2024

Ciclo e costituzione mista – Tucidide e Cicerone

 

 Il termine preciso «costituzione mista» non si trova in Polibio né altrove.

 Un embrione di definizione si può considerare Tucidide, VIII, 97, 2: καὶ οὐχ ἥκιστα δὴ τὸν πρῶτον χρόνον ἐπί γε ἐμοῦ Ἀθηναῖοι φαίνονται εὖ πολιτεύσαντες· μετρία γὰρ ἥ τε ἐς τοὺς ὀλίγους καὶ τοὺς πολλοὺς ξύγκρασις ἐγένετο, «e sembra che per la prima volta, almeno per la mia esperienza, gli Ateniesi si siano governati al meglio: infatti la fusione tra i pochi e i molti si produsse nella giusta misura». Sta parlando del governo dei Cinquemila seguito al colpo di stato dei Quattrocento del 411. 

 Cicerone è quello che si avvicina di più alla definizione canonica, in De re publica (I, 29), dove riprende anche il concetto di “ciclo”:

mirique sunt orbes et quasi circuitus in rebus publicis commutationum et uicissitudinum;… Itaque quartum quoddam genus rei publicae maxime probandum esse sentio, quod est ex his quae prima dixi moderatum et permixtum tribus, «sorprendenti sono i cerchi e per così dire le rivoluzioni dei cambiamenti e degli avvicendamenti nelle costituzioni; […] E così sono dell’opinione che debba essere approvata massimamente una certa forma di costituzione di quarto tipo, che è mista in giusta misura tra queste tre che ho detto prima».

 Al capitolo XXVI così aveva definito le tre forme di governo:

aut uni tribuendum est, aut delectis quibusdam, aut suscipiendum est multitudini atque omnibus. quare cum penes unum est omnium summa rerum, regem illum unum vocamus, et regnum eius rei publicae statum. cum autem est penes delectos, tum illa civitas optimatium arbitrio regi dicitur. illa autem est civitas popularis—sic enim appellant -, in qua in populo sunt omnia. atque horum trium generum quodvis, si teneat illud vinculum quod primum homines inter se rei publicae societate devinxit, non perfectum illud quidem neque mea sententia optimum, sed tolerabile tamen, «(L’autorità) deve essere attribuita o a uno solo o a determinate persone scelte o deve essere assunta dalla massa e da tutti. Perciò quando tutto quanto il potere è presso uno solo, noi chiamiamo quell’unica persona re, e regno quella forma di stato. Quando poi è presso quelli scelti, allora si dice che quella città è retta dall’arbitrio dei migliori. È invece popolare – così infatti la definiscono – quella città in cui tutti i poteri sono nel popolo. E una qualsiasi di queste tre forme, se mantenesse quel legame che alle origini legò gli uomini tra loro con la comunità dello stato, risulta certamente non quella perfetta né a mio parere la migliore, ma comunque è tollerabile».

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