giovedì 26 settembre 2024

Euripide, Troiane – prologo, vv. 23-47

 

ἐγὼ δέ – νικῶμαι γὰρ Ἀργείας θεοῦ

Ἥρας Ἀθάνας θ’, αἳ συνεξεῖλον Φρύγας –

λείπω τὸ κλεινὸν Ἴλιον βωμούς τ’ ἐμούς·                        25

Ed io - sono vinto infatti dalla dea argiva
Era e da Atena, le quali insieme annientarono i Frigi -
lascio la gloriosa Ilio e i miei altari:
 

ἐρημία γὰρ πόλιν ὅταν λάβῃ κακή,

νοσεῖ τὰ τῶν θεῶν οὐδὲ τιμᾶσθαι θέλει.

quando infatti la desolazione prende, odiosa, una città, 
si ammala il culto degli dèi né suole essere onorato3.

πολλοῖς δὲ κωκυτοῖσιν αἰχμαλωτίδων

βοᾷ Σκάμανδρος δεσπότας κληρουμένων.

Di molti gemiti di prigioniere che ricevono in sorte
dei padroni rimbomba lo Scamandro.

καὶ τὰς μὲν Ἀρκάς, τὰς δὲ Θεσσαλὸς λεὼς                      30

εἴληχ’ Ἀθηναίων τε Θησεῖδαι πρόμοι.

E alcune un Arcade, altre il popolo tessalo

le ha ottenute in sorte e i figli di Teseo principi degli Ateniesi.

ὅσαι δ’ ἄκληροι Τρῳάδων, ὑπὸ στέγαις

ταῖσδ’ εἰσί, τοῖς πρώτοισιν ἐξῃρημέναι

στρατοῦ, σὺν αὐταῖς δ’ ἡ Λάκαινα Τυνδαρὶς

Ἑλένη, νομισθεῖσ’ αἰχμάλωτος ἐνδίκως.                           35

Quante non assegnate in sorte tra le Troiane, si trovano
sotto queste tende, riservate ai capi supremi
dell’esercito, e insieme a esse la spartana figlia di Tindaro
Elena, considerata giustamente prigioniera di guerra.

τὴν δ’ ἀθλίαν τήνδ’ εἴ τις εἰσορᾶν θέλει,

πάρεστιν, Ἑκάβην κειμένην πυλῶν πάρος,

δάκρυα χέουσαν πολλὰ καὶ πολλῶν ὕπερ·

E questa infelice, se qualcuno vuole vederla,
eccola, Ecuba che giace davanti alle porte,
versando lacrime molte e per molte ragioni:

ᾗ παῖς μὲν ἀμφὶ μνῆμ’ Ἀχιλλείου τάφου

λάθρα τέθνηκε τλημόνως Πολυξένη·                                  40

a lei intorno al monumento del sepolcro di Achille la figlia
Polissena è morta a sua insaputa miseramente;

φροῦδος δὲ Πρίαμος καὶ τέκν’· ἣν δὲ παρθένον

μεθῆκ’ Ἀπόλλων δρομάδα Κασάνδραν ἄναξ,

τὸ τοῦ θεοῦ τε παραλιπὼν τό τ’ εὐσεβὲς

γαμεῖ βιαίως σκότιον Ἀγαμέμνων λέχος.

svanito Priamo e i figli; colei che vergine
Apollo signore abbandonò al delirio, Cassandra,
la sposa Agamennone con la violenza in un letto di tenebra,
trascurato il sacro rispetto4 del dio. 

ἀλλ’, ὦ ποτ’ εὐτυχοῦσα, χαῖρέ μοι, πόλις                        45

ξεστόν τε πύργωμ’· εἴ σε μὴ διώλεσεν

Παλλὰς Διὸς παῖς, ἦσθ’ ἂν ἐν βάθροις ἔτι.

Ma, oh città un tempo fortunata, addio
e mura turrite e ben levigate; se non ti avesse distrutto
Pallade5 figlia di Zeus, saresti ancora sulle fondamenta.


3 Cfr. Sofocle, Edipo re, 910: ἔρρει δὲ τὰ θεῖα «va in malora il culto degli dèi»; in questa tragedia viene descritta la desolazione di una città in preda a una pestilenza e in cui tutto va alla malora, compreso il culto degli dèi. Siamo, se non negli stessi anni delle Troiane, comunque in quelli della guerra del Peloponneso, forse anche della spedizione in Sicilia.
 Cfr. anche Euripide, Medea, ἥπερ μεγίστη γίγνεται σωτηρία, / ὅταν γυνὴ πρὸς ἄνδρα μὴ διχοστατῇ. / νῦν δἐχθρὰ πάντα καὶ νοσεῖ τὰ φίλτατα (14-16), «quella appunto è la più grande salvezza, / quando una moglie non sia in contrasto col marito. / Ora invece tutto è ostile e gli affetti più cari stanno male»; βέβακε δὅρκων χάρις, οὐδἔταἰδὼς / Ἑλλάδι τᾶι μεγάλαι μένει, αἰθερία δἀνέπτα (439-40), «Se n’è andato il rispetto dei giuramenti, e non più pudore / rimane nella grande Ellade, ma nellaria è volato». Anche qui si constata la mancanza di valori, partendo però dalla realtà dell’individuo e non da quella della πόλις.

 4 Ho tradotto con un’endiadi; letteralmente è: «ciò che è del dio e ciò che è sacro».

 5 Da notare che Atena è la divinità protettrice nonché eponima di Atene. È vero che fa parte della tradizione omerica che Atena parteggi per gli Achei, ciò nonostante dovevano suonare sinistre agli spettatori Ateniesi queste parole proprio nel momento in cui Atene distruggeva le città (è di pochi mesi prima l’eccidio degli Meli, del 416 a.C.; la tragedia invece fu rappresentata nella primavera del 415 a.C.).

 


 

 

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