martedì 29 ottobre 2024

Euripide, Baccanti – terzo episodio: vv. 660-671 – testo e traduzione – Maturità 2025


ΑΓΓΕΛΟΣ

Πενθεῦ κρατύνων τῆσδε Θηβαίας χθονός,         660

ἥκω Κιθαιρῶν' ἐκλιπών, ἵν' οὔποτε

λευκῆς χιόνος ἀνεῖσαν εὐαγεῖς βολαί.

MESSAGGERO
O Penteo che domini su questa terra,
sono venuto dopo aver lasciato il Citerone, dove mai
le luccicanti cascate della candida neve cessano.

Πε.

ἥκεις δὲ ποίαν προστιθεὶς σπουδὴν λόγου;

Pe.

Ma sei venuto ad aggiungere quale gravità di parole?

Αγ.

βάκχας ποτνιάδας εἰσιδών, αἳ τῆσδε γῆς

οἴστροισι λευκὸν κῶλον ἐξηκόντισαν,         665

ἥκω φράσαι σοι καὶ πόλει χρῄζων, ἄναξ,

ὡς δεινὰ δρῶσι θαυμάτων τε κρείσσονα.

Me.
Siccome vidi le venerande baccanti, che fuori da
questa terra nel furore lanciarono il bianco piede,
sono venuto perché voglio annunciare a te e alla città, signore,
che compiono azioni terribili e più che prodigiose.

θέλω δ' ἀκοῦσαι πότερά σοι παρρησίᾳ

φράσω τὰ κεῖθεν ἢ λόγον στειλώμεθα·

τὸ γὰρ τάχος σου τῶν φρενῶν δέδοικ', ἄναξ,         670

καὶ τοὐξύθυμον καὶ τὸ βασιλικὸν λίαν.   

Ma voglio sapere se posso riferire con franchezza
le cose di là oppure dobbiamo frenare la parola:
io temo infatti l’irruenza del tuo animo, signore,
e l’asprezza e l’eccesso di regalità.

 

I messaggeri sono spesso personaggi meschini nella tragedia, perché servi del potere. Cfr. Eschilo, Agamennone, 36-37: βοῦς ἐπὶ γλώσσῃ μέγας / βέβηκεν, «c’è un grosso bue sulla lingua» (si tratta della guardia che nel prologo esprime con queste parole l’intenzione di non riferire ad Agamennone quanto successo in patria in sua assenza, cioè che è stato tradito e spodestato); Euripide, Troiane, 424-426: ἦ δεινὸς ὁ λάτρις. τί ποτ’ ἔχουσι τοὔνομα / κήρυκες, ἓν ἀπέχθημα πάγκοινον βροτοῖς, / οἱ περὶ τυράννους καὶ πόλεις ὑπηρέται, «Davvero tremendo il servo! Perché mai hanno il nome / di "araldi", unico odio comune a tutti i mortali, / questi servitori al seguito di tiranni e città?» (cosi si rivolge Cassandra a Taltibio); Oreste, 895-897: τὸ γὰρ γένος τοιοῦτον· ἐπὶ τὸν εὐτυχῆ / πηδῶσ’ ἀεὶ κήρυκες· ὅδε δ’ αὐτοῖς φίλος, / ὃς ἂν δύνηται πόλεος ἔν τ’ ἀρχαῖσιν ᾖ, «giacché è una razza fatta così: dalla parte di chi ha successo / saltano sempre gli araldi; caro a loro è questo, / che abbia il potere della città e sia al comando». Anche in questa tragedia il bersaglio è Taltibio.

«L’eccesso di regalità», in greco τὸ βασιλικὸν λίαν, è un cauto eufemismo per «la tua tempra irascibile». 

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