Parodo
96-130; 190-204
MEDEA (da dentro)
Ahi,
me disgraziata e infelice per le pene,
ahimé, come potrei morire?
Nu. Proprio questo, cari bambini; la madre
agita il cuore, agita l'ira.
100 Affrettatevi più velocemente dentro casa
e non avvicinatevi al suo sguardo
e non accostatevi, ma state in guardia
contro il carattere selvaggio e la natura odiosa
di una mente arrogante.
105 Andate ora, ritiratevi dentro il più in fretta possibile.
È chiaro che la nube del gemito che inizia a levarsi
al più presto si accenderà
con maggior impeto; cosa mai farà
un'anima visceralmente orgogliosa implacabile
110 morsa dai mali?
Me. Ahi ahi,
ho subito infelice ho subito pene
degne dei massimi lamenti. Oh maledetti
figli di madre odiosa, possiate morire
con il padre, e tutta la casa vada alla malora.
115 Nu. Ahimé, oh infelice!
In cosa per te partecipano i figli
della copla del padre? Perché li odi? Ahimé,
figli, come sono angosciata che subiate qualcosa!
Terribili sono le volontà dei potenti e, siccome
120 si sottomettono per così dire in pochi casi, ma dominano in moltissimi,
difficilmente trasformano le ire.
Infatti essere abituati a vivere nell'uguaglianza
è meglio; mi sia concesso allora invecchiare
in modo sicuro lontano dalla grandezza.
125 Dire infatti il nome della misura
vince in primo posto, e usarlo è di gran lunga
la cosa migliore per i mortali; l'eccesso
non offre nessun vantaggio ai mortali,
mentre restituisce sciagure sciagure più grandi,
130 quando un dio si adira con una stirpe.
Il coro, composto da donne di Corinto, entra compiangendo le sofferenze di Medea, la quale rimpiange la famiglia e la patria; Medea si appella anche ai giuramenti coi quali Giasone si era impegnato, introducendo un tema chiave del dramma. Il coro allora invita la nutrice a far uscire Medea dal palazzo e manifesta solidarietà nei confronti della protagonista.
A questo punto la nutrice fa delle considerazioni che esprimono sostanzialmente la poetica di Euripide.
vv. 190-204
190 Nu. Dicendo stolti e per niente sapienti
i mortali di un tempo non sbaglieresti,
essi che trovarono per feste
e banchetti e durante le cene
inni (che sono) un piacevole ascoltare per la vita;
195 nessuno invece trovò (il modo di) far cessare
con la poesia e con i canti dai molti toni
le odiose sofferenze dei mortali, per le quali morti
e terribili casi abbattono le stirpi.
Eppure questo sì sarebbe un guadagno, sanare
200 coi canti i mortali; ma dove lauti
sono i banchetti, perché tendono la voce invano?
Infatti la già presente abbondanza della mensa
comprende da sé gioia per i mortali.
La parodo si conclude con il coro che annuncia l’entrata in scena di Medea.
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