Pascitur in magna Sila formosa iuuenca:
illi alternantes multa ui proelia miscent
uulneribus crebris; lauit ater corpora sanguis,
uersaque in obnixos urgentur cornua uasto
cum gemitu; reboant siluaeque et longus Olympus. 219-223
«Pascola1 nella vasta Sila la bella2 giovenca: / quelli intrecciano battaglie3 con grande violenza alternando colpi4 / e infliggendo frequenti ferite; inonda i corpi nero sangue, / e le corna cozzando rivolte le une contro le altre5 si incalzano con / alti muggiti; echeggiano6 le selve e l’alto Olimpo».
nec mos bellantis una stabulare, sed alter
uictus abit longeque ignotis exsulat oris,
multa gemens ignominiam plagasque superbi
uictoris, tum quos amisit inultus amores,
et stabula aspectans regnis excessit auitis. 224-228
«E non c’è l’abitudine che i combattenti stiano in una sola stalla, ma l’altro, / quello vinto, se ne va in esilio7 lontano in terre ignote, / molto gemendo l’onta8 e le ferite dell’arrogante9 / vincitore, per giunta senza aver vendicato gli amori che ha perso, / e, con la stalla sempre davanti agli occhi10, è fuori dai regni11 degli avi».
1 Pascitur: il verbo, posto in incipit e seguito da uno stato in luogo, crea un forte contrasto tra la placida staticità della giovenca e la lunga scena che segue della frenetica lotta dei tori, posti anch’essi in incipit. Questo contrasto poi è accentuato dal chiasmo con miscent e dalla paratassi, dato che manca la congiunzione avversativa.
2 Formosus indica una bellezza fisico-visiva, mentre pulcher è più generico. Qui dà una connotazione plastica.
3 Proelia miscere è espressione epica per duelli e battaglie: un altro elemento di umanizzazzione.
4 Alternantes è formato da quattro sillabe lunghe, per evocare anche ritmicamente l’alternarsi delle cornate; inoltre è variatio di inter se che aveva usato poco prima.
5 Obnixus indica lo sforzo e la direzione.
6 Reboant: uno dei modi in cui i latini rendono il concetto di eco, che per loro era la ninfa. Un altro è resonare, dove ritorna il preverbio re-; un esempio si trova in Cicerone (Tusculanae disputationes, III, 3): [3] Est enim gloria solida quaedam res et expressa, non adumbrata; ea est consentiens laus bonorum, incorrupta vox bene iudicantium de eccellenti virtute, ea virtuti resonat tamquam imago; quae quia recte factorum plerumque comes est, non est bonis viris repudianda., «[3] È infatti la gloria una cosa concreta e ben definita, non un’ombra vaga; essa è la lode unanime dei buoni, voce incorrotta di chi giudica bene sulla virtù che eccelle, essa per la virtù risuona come un’eco; e siccome per lo più è compagna di azioni rettamente compiute, non deve essere rifiutata dagli uomini virtuosi».
7 Exsulat: ricorda relēgat ed è verbo umano. È lo stesso pathos di Melibeo nella prima ecloga: nos patriae fines et dulcia linquimus arva. / nos patriam fugimus, «noi lasciamo i confini della patria e i dolci campi. Noi fuggiamo la patria» (vv. 2-3); ite meae, felix quondam pecus, ite capellae. / non ego vos posthac viridi proiectus in antro / dumosa pendere procul de rupe videbo; / carmina nulla canam; non me pascente, capellae, / florentem cytisum et salices carpetis amaras, «andate mie caprette, gregge un tempo fortunato, andate. Non io d’ora in poi sdraiato in un antro verdeggiante / vi vedrò pendere da una rupe coperta di rovi; / non canterò nessuna poesia; non brucherete, caprette, il citiso in fiore e i salici amari, quando vi porto al pascolo» (vv. 74-77).
8 Anche questa parola umanizza la situazione.
9 Superbi: è la superbia, l’orgoglio del vincitore e siamo perfettamente dentro l’ideologia romana. Qui però indica il punto di vista dello sconfitto. Nell’Eneide però è riferito a chi non accetta la supremazia romana (VI, vv. 851-853): tu regere imperio populos, Romane, memento / (hae tibi erunt artes), pacique imponere morem, / parcere subiectis et debellare superbos, «Tu, Romano, ricorda di regnare sui popoli con imperio / (queste saranno le tue arti), imporre il costume della pace, / risparmiare chi si è sottomesso e sterminare i superbi». Sono le parole con cui Anchise sintetizza la missione che spetterà al figlio Enea in Italia, fondando la stirpe romana. A dire il vero dopo Augusto tale ideologia sembra non essere più cosi salda, come per esempio emerge da Tacito, Agricola, 30 (un passo in cui sembra voler fare il controcanto a Virgilio): Romani, quorum superbiam frustra per obsequium ac modestiam effugias. Raptores orbis, postquam cuncta vastantibus defuere terrae, et mare scrutantur: si locuples hostis est, avari, si pauper, ambitiosi, quos non Oriens, non Occidens satiaverit: soli omnium opes atque inopiam pari adfectu concupiscunt. Auferre, trucidare, rapere, falsis nominibus imperium, atque, ubi solitudinem faciunt, pacem appellant «I Romani, dei quali invano puoi evitare la superbia con la sottomissione e la docilità. Rapinatori del mondo, dopo che a loro che devastano tutto sono mancate le terre, scrutano il mare: se il nemico è ricco sono avidi, se è povero bramosi di potere, essi che non l’Oriente, non l’Occidente possono saziare: soli tra tutti bramano con uguale slancio ricchezza e povertà. Rubare, massacrare, rapire lo chiamano con falsi nomi impero e dove fanno un deserto lo chiamano pace».
10 Aspectans: excessit significa che è già fuori dalla stalla, dunque non può guardarla. Inoltre adspecto significa «sto a guardare qualcosa verso, davanti a me»; se guardasse la stalla si dovrebbe presupporre che mentre si allontana si volta a guardare: avrebbe usato respicio = «guardo indietro». Non è una visione concreta ma psichica, il massimo dell’umanizzazione.
11 Plurale poetico, ma qui c’è anche una funzione di amplificazione, qui nella memoria del toro, come in Melibeo nella I Bucolica (vv. 67-69): en umquam patrios longo post tempore finis / pauperis et tuguri congestum caespite culmen, / post aliquot, mea regna, videns mirabor aristas?, «Non sarà mai il giorno in cui dopo lungo tempo / proverò meraviglia nel vedere i confini patri / e il tetto della povera capanna fatto di zolle ammassate, e dopo un po’, le spighe, i miei regni?».
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