Lucrezio, De rerum natura, III, 934-939
Quid mortem congemis ac fles?
Nam si grata fuit tibi vita anteacta priorque
et non omnia pertusum congesta quasi in vas
commoda perfluxere atque ingrata interiere,
cur non ut plenus vitae conviva1 recedis
aequo animoque capis securam, stulte, quietem? 934-939
«Perché deplori e piangi la morte? / Se infatti ti è stata gradita la vita passata e vissuta prima di oggi / e non tutte le gioie, come fossero state raccolte in un vaso forato, / sono sfuggite né, divenute sgradite, si sono estinte, / perché non ti congedi dalla vita come un commensate sazio / e con animo sereno non prendi, stolto, un sicuro riposo?».
Nietzsche esprime lo stesso concetto con un paragone diverso, ma altrettanto efficace (Al di là del bene e del male, Capitolo quarto, Sentenze e intermezzi, 96):
«Bisogna congedarsi dalla vita come Odisseo da Nausicaa – piuttosto benedicendola che restando innamorati di essa».
1 La stessa immagine si trova in Orazio, Sermones, I, 1, 116-119 (è una conseguenza del fatto che nessuno è contento della propria condizione perché, come l’avido, considera migliore quella degli altri): inde fit, ut raro, qui se vixisse beatum / dicat et exacto contentus tempore vita / cedat uti conviva satur, reperire queamus, «Da qui deriva che di rado possiamo trovare chi dica di aver vissuto / felice e, portato a termine contento il tempo della vita, / se ne vada come un commensale sazio»; c’è anche in Epistole, II, 2, 214-216: Lusisti satis, edisti satis atque bibisti: / tempus abire tibi est, ne potum largius aequo / rideat et pulset lasciva decentius aetas, «Ti sei divertito abbastanza, hai mangiato e bevuto abbastanza: / è tempo per te di andare via, affinché l’età a cui piuttosto si addice / lo scherzo non rida di te e ti scacci dopo che hai bevuto più del dovuto». Ma per Orazio queste sono malinconiche considerazioni sull’impossibilità di una tale disposizione.
Inceve ritroviamo il paragone in Seneca (Epistulae, 61, 4) con lo stesso spirito di Lucrezio: [4] Ante ad mortem quam ad vitam praeparandi sumus. Satis instructa vita est, sed nos in instrumenta eius avidi sumus; deesse aliquid nobis videtur et semper videbitur: ut satis vixerimus, nec anni nec dies faciunt sed animus. Vixi, Lucili carissime, quantum satis erat; mortem plenus exspecto, «[4] Dobbiamo prepararci alla morte prima che alla vita. La vita è dotata a sufficienza, ma noi siamo avidi delle sue risorse; ci sembra che manchi qualcosa e sempre ci sembrerà: fanno sì che abbiamo vissuto a sufficienza, non gli anni non i giorni, ma lo spirito. Ho vissuto, carissimo Lucilio, quanto era sufficiente, aspetto la morte sazio».
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