ΤΑΛΘΥΒΙΟΣ
Φρυγῶν ἀρίστου πρίν ποθ’ Ἕκτορος δάμαρ,709
μή με στυγήσῃς· οὐχ ἑκὼν γὰρ ἀγγελῶ. 710
Δαναῶν δὲ κοινὰ Πελοπιδῶν τ’ ἀγγέλματα . . . .
Moglie di Ettore, una volta, in precedenza, il migliore dei Frigi,non odiarmi: infatti non di mia volontà annuncerògli annunci comuni dei Danai e dei Pelopidi…
Αν.
τί δ’ ἔστιν; ὥς μοι φροιμίων ἄρχῃ κακῶν.
Τα.
ἔδοξε τόνδε παῖδα . . . πῶς εἴπω λόγον;
Cosa c’é? che preludio di mali mi inizi!
Mi parve che questo bambino… come posso dire l’ordine?
Αν.
μῶν οὐ τὸν αὐτὸν δεσπότην ἡμῖν ἔχειν;
Τα.
οὐδεὶς Ἀχαιῶν τοῦδε δεσπόσει ποτέ. 715
Forse che non avrà il nostro stesso padrone?
Nessuno degli Ache sarà mai suo padrone.
Αν.
ἀλλ’ ἐνθάδ’ αὐτοῦ λείψανον Φρυγῶν λιπεῖν;
Τα.
οὐκ οἶδ’ ὅπως σοι ῥᾳδίως εἴπω κακά.
Ma allora lasciarlo proprio qui, avanzo dei Frigi?
Non so come potrei dirti le sventure senza difficoltà.
Αν.
ἐπῄνεσ’ αἰδῶ, πλὴν ἐὰν λέγῃς καλά.
Τα.
κτενοῦσι σὸν παῖδ’, ὡς πύθῃ κακὸν μέγα.
Approvo il pudore, a meno che tu mi dica cose belle.
Uccideranno il tuo bambino, perché tu conosca il grande male.
Αν.
οἴμοι, γάμων τόδ’ ὡς κλύω μεῖζον κακόν. 720
Τα.
νικᾷ δ’ Ὀδυσσεὺς ἐν Πανέλλησιν λέγων . . .
Ahimé, questo che odo è un male veramente più grande delle nozze.
Odisseo vince quando parla tra tutti i Greci…
Αν.
αἰαῖ μάλ’· οὐ γὰρ μέτρια πάσχομεν κακά.
Τα.
λέξας ἀρίστου παῖδα μὴ τρέφειν πατρὸς . . .
Ahi ahi davvero: infatti subiamo mali senza misura.
Ha detto di non allevare il figlio di un padre valorosissimo…
Αν.
τοιαῦτα νικήσειε τῶν αὑτοῦ πέρι.
Τα.
ῥῖψαι δὲ πύργων δεῖν σφε Τρωικῶν ἄπο. 725
ἀλλ’ ὣς γενέσθω, καὶ σοφωτέρα φανῇ·
Possa avere una tale vittoria sui propri!
e che bisogna gettarlo giù dalle torri troiane.Ma così sia, e tu apparirai più saggia;
μήτ’ ἀντέχου τοῦδ’, εὐγενῶς δ’ ἄλγει κακοῖς,
μήτε σθένουσα μηδὲν ἰσχύειν δόκει.
non restare attaccata a questo, soffri dei mali con nobiltà,
e non credere di essere potente dato che non hai nessuna forza24.
ἔχεις γὰρ ἀλκὴν οὐδαμῇ. σκοπεῖν δὲ χρή·
πόλις τ’ ὄλωλε καὶ πόσις, κρατῇ δὲ σύ, 730
ἡμεῖς δὲ πρὸς γυναῖκα μάρνασθαι μίαν
οἷοί τε. τούτων οὕνεκ’ οὐ μάχης ἐρᾶν
οὐδ’ αἰσχρὸν οὐδὲν οὐδ’ ἐπίφθονόν σε δρᾶν,
οὐδ’ αὖ σ’ Ἀχαιοῖς βούλομαι ῥίπτειν ἀράς.
Infatti non hai sostegno da nessuna parte. Bisogna invece riflettere:
la città è morta e anche lo sposo, e tu sei un possesso,
noi invece di combattere nei confronti di una sola donna
siamo ben capaci. Perciò non voglio che tu ami la battaglia,
né che tu faccia qualcosa di turpe o odioso,
né ancora che tu scagli maledizioni contro gli Achei.
εἰ γάρ τι λέξεις ὧν χολώσεται στρατός, 735
οὔτ’ ἂν ταφείη παῖς ὅδ’ οὔτ’ οἴκτου τύχοι.
Se infatti dirai qualcosa di cui l’esercito si risentirà,
questo bambino non sarebbe sepolto e non otterrebbe compianto.
σιγῶσα δ’ εὖ τε τὰς τύχας κεκτημένη
τὸν τοῦδε νεκρὸν οὐκ ἄθαπτον ἂν λίποις
αὐτή τ’ Ἀχαιῶν πρευμενεστέρων τύχοις.
Tacendo invece e guadagnando bene la tua sorte
non lasceresti insepolto il cadavere di questo
e tu stessa troveresti gli Achei più benevoli.
24 Questo discorso di Taltibio sembra riecheggiare le argomentazioni enunciate ai Meli dagli ambasciatori Ateniesi, nel dialogo riportato da Tucidide; ricordiamo che la tragedia è stata composta e rappresentata pochi mesi dopo l’eccidio. Vediamone alcune. Storie, V, 89: δίκαια μὲν ἐν τῷ ἀνθρωπείῳ λόγῳ ἀπὸ τῆς ἴσης ἀνάγκης κρίνεται, δυνατὰ δὲ οἱ προύχοντες πράσσουσι καὶ οἱ ἀσθενεῖς ξυγχωροῦσιν, «il giusto in ragionamento umano è giudicato a partire da una pari necessità, mentre il possibile i superiori lo compiono e i deboli cedono»; 103, 2: ὃ ὑμεῖς ἀσθενεῖς τε καὶ ἐπὶ ῥοπῆς μιᾶς ὄντες μὴ βούλεσθε παθεῖν μηδὲ ὁμοιωθῆναι τοῖς πολλοῖς, οἷς παρὸν ἀνθρωπείως ἔτι σῴζεσθαι, ἐπειδὰν πιεζομένους αὐτοὺς ἐπιλίπωσιν αἱ φανεραὶ ἐλπίδες, ἐπὶ τὰς ἀφανεῖς καθίστανται μαντικήν τε καὶ χρησμοὺς καὶ ὅσα τοιαῦτα μετ᾽ ἐλπίδων λυμαίνεται, «e voi che siete deboli e avete una sola possibilità, non vogliate subire ciò [la distruzione totale] né essere assimilati ai più, i quali pur avendo la possibilità di salvarsi con mezzi umani, dopo che abbattuti li abbiano abbandonati le speranze visibili, ricorrono a quelle invisibili, la mantica e gli oracoli e quante cose siffatte rovinano insieme alle speranze»; infine riporto l’argomentazione finale, che poi è la teoria del diritto del più forte, esposta nel modo più spietatamente lucido (105, 2): [2] ἡγούμεθα γὰρ τό τε θεῖον δόξῃ τὸ ἀνθρώπειόν τε σαφῶς διὰ παντὸς ὑπὸ φύσεως ἀναγκαίας, οὗ ἂν κρατῇ, ἄρχειν: καὶ ἡμεῖς οὔτε θέντες τὸν νόμον οὔτε κειμένῳ πρῶτοι χρησάμενοι, ὄντα δὲ παραλαβόντες καὶ ἐσόμενον ἐς αἰεὶ καταλείψοντες χρώμεθα αὐτῷ, εἰδότες καὶ ὑμᾶς ἂν καὶ ἄλλους ἐν τῇ αὐτῇ δυνάμει ἡμῖν γενομένους δρῶντας ἂν ταὐτό, «noi riteniamo infatti che la divinità secondo l’opinione e l’umanità chiaramente in ogni circostanza per natura necessaria, laddove sia più forte, prevalga; e noi né avendo stabilito la legge né avendola usata per primi mentre era in vigore, ma avendola ereditata che già c’era e essendo destinati a lasciarla in eredità perché esista sempre, la usiamo, sapendo che anche voi e altri, se foste nella medesima condizione di potenza di noi, fareste lo stesso».
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