πρῶτον μέν, ἔνθα—κἂν προσῇ κἂν μὴ προσῇ
ψόγος γυναιξίν—αὐτὸ τοῦτ’ ἐφέλκεται
κακῶς ἀκούειν, ἥτις οὐκ ἔνδον μένει,
τούτου παρεῖσα πόθον ἔμιμνον ἐν δόμοις· 650
Prima di tutto, dove – che sia presente o noil biasimo per le donne – il fatto in sé attiracattiva fama, cioè una che non rimane dentro,di questo appunto lasciando perdere il desiderio restavo in casa;ἔσω τε μελάθρων κομψὰ θηλειῶν ἔπη
οὐκ εἰσεφρούμην, τὸν δὲ νοῦν διδάσκαλον
οἴκοθεν ἔχουσα χρηστὸν ἐξήρκουν ἐμοί.
né dentro casa parole scaltre di femmineintroducevo, ma avendo come buon maestrola mia intelligenza bastavo a me stessa.γλώσσης τε σιγὴν ὄμμα θ’ ἥσυχον πόσει
παρεῖχον· ᾔδη δ’ ἁμὲ χρῆν νικᾶν πόσιν, 655
κείνῳ τε νίκην ὧν ἐχρῆν παριέναι.
Silenzio di lingua e sguardo pacato offrivoallo sposo; sapevo in cosa dovevo vincere lo sposo,e in cosa dovevo lasciare a quello la vittoria.καὶ τῶνδε κληδὼν ἐς στράτευμ’ Ἀχαιϊκὸν
ἐλθοῦσ’ ἀπώλεσέν μ’· ἐπεὶ γὰρ ᾑρέθην,
Ἀχιλλέως με παῖς ἐβουλήθη λαβεῖν
δάμαρτα· δουλεύσω δ’ ἐν αὐθεντῶν δόμοις. 660
E la fama23 di queste virtù, giunta all’esercito Acheomi ha rovinato; dopo che fui catturata infatti,il figlio di Achille volle prendermicome moglie; ma servirò in casa di assassini.κεἰ μὲν παρώσασ’ Ἕκτορος φίλον κάρα
πρὸς τὸν παρόντα πόσιν ἀναπτύξω φρένα,
κακὴ φανοῦμαι τῷ θανόντι· τόνδε δ’ αὖ
στυγοῦσ’ ἐμαυτῆς δεσπόταις μισήσομαι.
E se mettendo da parte il caro capo di Ettoreaprirò il cuore allo sposo attuale,apparirò spregevole con quello morto; d’altra parte odiandoquesto sarò in odio dei padroni della mia persona.καίτοι λέγουσιν ὡς μί’ εὐφρόνη χαλᾷ 665
τὸ δυσμενὲς γυναικὸς εἰς ἀνδρὸς λέχος·
ἀπέπτυσ’ αὐτήν, ἥτις ἄνδρα τὸν πάρος
καινοῖσι λέκτροις ἀποβαλοῦσ’ ἄλλον φιλεῖ.
Eppure dicono che una sola notte ammorbidiscela ripugnanza di una donna per il letto di un uomo;io caccio via a sputi quella che avendo respintol’uomo di prima per nuovi letti ama un altro.ἀλλ’ οὐδὲ πῶλος ἥτις ἂν διαζυγῇ
τῆς συντραφείσης, ῥᾳδίως ἕλξει ζυγόν. 670
καίτοι τὸ θηριῶδες ἄφθογγόν τ’ ἔφυ
ξυνέσει τ’ ἄχρηστον τῇ φύσει τε λείπεται.
Ma neppure una puledra, che venga separatada quella cresciuta insieme a lei, tirerà facilmente il giogo.Eppure la bestia è per natura priva di parolae incapace di usare l’intelligenza ed è inferiore per natura.σὲ δ’, ὦ φίλ’ Ἕκτορ, εἶχον ἄνδρ’ ἀρκοῦντά μοι
ξυνέσει γένει πλούτῳ τε κἀνδρείᾳ μέγαν·
ἀκήρατον δέ μ’ ἐκ πατρὸς λαβὼν δόμων 675
πρῶτος τὸ παρθένειον ἐζεύξω λέχος.
In te, Ettore mio, avevo l’uomo che mi bastavagrande per intelligenza stirpe ricchezza e coraggio;dopo avermi presa intatta dalla casa del padretu per primo aggiogasti (al tuo) il (mio) letto verginale.καὶ νῦν ὄλωλας μὲν σύ, ναυσθλοῦμαι δ’ ἐγὼ
πρὸς Ἑλλάδ’ αἰχμάλωτος ἐς δοῦλον ζυγόν.
E ora sei morto tu, mentre io sono portata via in navein Grecia come prigioniera di guerra a un giogo servile.ἆρ’ οὐκ ἐλάσσω τῶν ἐμῶν ἔχειν κακῶν
Πολυξένης ὄλεθρος, ἣν καταστένεις; 680
ἐμοὶ γὰρ οὐδ’ ὃ πᾶσι λείπεται βροτοῖς
ξύνεστιν ἐλπίς, οὐδὲ κλέπτομαι φρένας
πράξειν τι κεδνόν· ἡδὺ δ’ ἐστὶ καὶ δοκεῖν.
Non ha dunque mali minori dei mieila morte di Polissena, che tu compiangi?Con me infatti nemmeno ciò che rimane a tutti i mortaliresta, la speranza, né mi illudoche capiterà qualcosa di buono; comunque è dolce anche crederlo.
23 Qui Euripide rovescia la visione basata sulla «civiltà di vergogna» di cui parla Dodds in I Greci e l’irrazionale (cap. I, L’apologia di Agamennone): «alcuni antropologi americani ci hanno recentemente insegnato a distinguere le «civiltà di vergogna» dalle «civiltà di colpa», e la società descritta da Omero è sicuramente una civiltà di vergogna. Il bene supremo dell'uomo omerico non sta nel godimento di una coscienza tranquilla, sta nel possesso della tīmē, la pubblica stima. “Perché dovrei combattere, domanda Achille, se nello stesso pregio (τιμή) sono il codardo e il prode?”. La più potente forza morale nota all'uomo omerico non è il timor di Dio, è il rispetto dell'opinione pubblica, aidōs: αἰδέομαι Τρῶας, dice Ettore nel momento risolutivo del suo destino, e va alla morte con gli occhi aperti». Nel caso di Ecuba la «pubblica stima» è proprio ciò che la rovina.
Concetti analoghi in Tacito, Agricola, 5, 4: intravitque animum militaris gloriae cupido, ingrata temporibus quibus sinistra erga eminentis interpretatio nec minus periculum ex magna fama quam ex mala, «e pervase il suo animo la brama di gloria militare, sgradita in tempi in cui veniva interpretata con malevolenza nei confronti di chi si distingueva né era minore il pericolo derivante da una fama grande di quello derivante da una cattiva» (Tacito sta descrivendo i tempi di Domiziano, principe tra l’81 e il 96, invidioso di chiunque potesse metterlo in ombra). Cfr. anche La Rochefoucauld, Massime, 29: Le mal que nous faisons ne nous attire pas tant de persécution et de haine que nos bonnes qualités, «Il male che facciamo non ci attira tante persecuzioni e odio quanto le nostre buone qualità».
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