martedì 1 ottobre 2024

Euripide, Troiane – secondo episodio: vv. 630-646

 


(secondo episodio: Andromaca)

vv. 630-683

ΑΝΔΡΟΜΑΧΗ

ὄλωλεν ὡς ὄλωλεν· ἀλλ’ ὅμως ἐμοῦ                                630

ζώσης γ’ ὄλωλεν εὐτυχεστέρῳ πότμῳ.

ANDROMACA
È morta come è morta; ma comunque è morta
con un destino, per quanto sia, più fortunato di me che sono viva.

Εκ.

οὐ ταὐτόν, ὦ παῖ, τῷ βλέπειν τὸ κατθανεῖν·

τὸ μὲν γὰρ οὐδέν, τῷ δ’ ἔνεισιν ἐλπίδες. 

ECUBA
Non è lo stesso, figlia, che vedere la luce l’essere morti;
una cosa infatti è il nulla, nell’altra ci sono dentro speranze.

Αν.

ὦ μῆτερ, † ὦ τεκοῦσα †, κάλλιστον λόγον 

ἄκουσον, ὥς σοι τέρψιν ἐμβαλῶ φρενί.                           635

ANDROMACA

Madre, tu che hai partorito, ascolta un discorso
bellissimo, affinché ti infonda letizia nel cuore.

τὸ μὴ γενέσθαι τῷ θανεῖν ἴσον λέγω,

τοῦ ζῆν δὲ λυπρῶς κρεῖσσόν ἐστι κατθανεῖν.

Il non nascere io lo dico pari al morire,
mentre rispetto al vivere nel dolore è meglio morire22.

ἀλγεῖ γὰρ οὐδὲν † τῶν κακῶν ᾐσθημένος· †

ὁ δ’ εὐτυχήσας ἐς τὸ δυστυχὲς πεσὼν

ψυχὴν ἀλᾶται τῆς πάροιθ’ εὐπραξίας.                            640

Infatti non soffre nulla chi non percepisce i mali;
invece chi avendo avuto fortuna poi è caduto nella sventura
ha perduto nell’anima il precedente successo.

κείνη δ’, ὁμοίως ὥσπερ οὐκ ἰδοῦσα φῶς,

τέθνηκε κοὐδὲν οἶδε τῶν αὑτῆς κακῶν.

Quella invece, proprio come se non avesse mai visto la luce,
è morta e non sa niente dei propri mali.

ἐγὼ δὲ τοξεύσασα τῆς εὐδοξίας

λαχοῦσα πλεῖον τῆς τύχης ἡμάρτανον.

Mentre io dopo aver mirato alla buona fama
e averla colta, a maggior ragione fallivo il bersaglio della fortuna.

ἃ γὰρ γυναιξὶ σώφρον’ ἔσθ’ ηὑρημένα,                           645

ταῦτ’ ἐξεμόχθουν Ἕκτορος κατὰ στέγας.

Infatti i comportamenti prudenti inventati per le donne,
questi io mi affaticavo a praticare nella casa di Ettore.


  22 Esempio di sapienza silenica. È il fondo originario della sensibilità greca, sensibilità così acuta che per rendere la vita sopportabile i Greci hanno dovuto giustificarla in chiave estetica: questa è la lettura che Nietzsche fa del canto XI dell’Odissea, quando Odisseo incontra Achille.

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